La Critica

<< Il silenzio ha una durezza solenne come queste pietre e questo cielo dove la luce brucia, lasciando ovunque crepe.
Tutto è stato rosicato da questa luce che non ha ore ma si svolge in ampi giri di orizzonte simili ad un flagello puntuale. Lo spazio è incolmabile. Senza interruzioni, senza limiti, senza eco >>. R.C. Un’analisi giustificata dell’opera di Biagio Raone ci riporta a scandagliare concetti di un realismo figurativo senza pretese di essere ma di apparire: tale, oggettivo, fedele testimone di immagini, radicate da sempre in questo atavico Salento, in cui le sedimentazioni di antiche civiltà hanno contribuito ad accrescerne i valori essenziali.
È proprio tra natura – non come semplice imitazione, ma comprensione e indagine conoscitiva del vero – e storia – quella << piccola >> storia di cui è fatta la quotidianità della vita, che si dipanano sulla bidimensionalità del supporto, scene di ulivi contorti che stabiliscono la costruzione del paesaggio concedendo valore e consistenza a tutta la rappresentazione. Ed è ancora una volta l’ulivo l’attore protagonista che recita da sempre l’immutata e caparbia voglia di essere tra mille difficoltà, che misura e cadenza le metamorfosi del giorno, che stabilisce una sorta di ferrea simbiosi con il pietrame esistente. << Un paesaggio antico come l’infanzia della terra >> in cui la figura tenace dell’uomo attesta la sua primordiale fabbrilità del fare paziente e costante.
Questa realtà Biagio Raone la traduce con schiettezzaistintiva e profonda convinzione aggiungendo un cavilloso e sezionato tecnicismo, attraverso il metodo delle pezzature giustapposte atto a frenare la facilità della pennellata e a ordire la trama di una composizione controllata da una seria disciplina formale.
Al di là di ogni riferimento, l’essenza di queste immagini è difesa con semplicità e discrezione, dichiarando la volontà di non uscire da una – tradizione – per una provvisoria contraddittorietà.

Tonino Pizzolante

 

L'arte di Biagio Raone merita considerazioni anzitutto per la tematica che rappresenta ed esprime: il nostro Salento, di cui l’artista coglie tutti gli aspetti, paesaggistici ed umani, antichi e nuovi.
Nulla però, Raone concede ad un facile vedutismo e ad un gusto mistificante che cancelli le connotazioni antropologiche, etniche, storiche, spirituali della sua terra.
La quale ci si offre nella sua autenticità, coi suoi contadini, le sue donne, i suoi alberi, le sue architetture rurali, le sue marine, i suoi paesi, i suoi interni. Quello del nostro pittore è un discorso congeniale alla realtà interpretata, in un linguaggio semplice ed efficace, coerente ed organico.
Storicamente l’artista si colloca nell’ambito delle correnti realistiche contemporanee, senza eccessi veristici o iperrealistici.
Certo, la sua non è pura e semplice trascrizione di luoghi, di cose, di uomini, in quanto la sua poetica ha evidenti risvolti sociali, di partecipazione, di interesse umano, di radicamento intenso nella sua terra e fra la sua gente.
I colori di Raone sembrano voler mimare con le loro pacate tonalità il grande silenzio salentino, quello delle lunghe estati infocate, quando anche gli uomini e le bestie tacciono; e l’unica voce è l’intermittente frinire delle cicale. Ma l’antropica essenza appare diffusa e segretamente operante in ogni quadro del pittore.

Piero Mandrillo

 

Guardando e vivendo i quadri di Biagio Raone, si scorgono tutti i valori dell’umano salentino, valori che spesso contemplano denunce mai irose, sempre pacate e sensibilissime.
Gli anonimi faticatori della terra, i carrettieri sornioni che la pioggia non tange, le tagliatrici d’uva, le ricamatrici con lo sguardo oltre, molto oltre, il bianco lenzuolo; le umili esistenze di paesaggi avvolti nei tenui veli della staticità, persino gli ulivi contorti s’incarnano d’umano e piangono di gioia rabbiosa, e le << pajare >> inermi, picchiate dal sole impietoso e tormentate dal vento di scirocco.
Su tutti questi segni di vita – non – vita salentina, << i cieli >> di Biagio Raone, o la purezza fatta colore, i cieli puliti, incontaminati, e tra le nuvole di queste immensità i muti messaggi, i moniti, le speranze: il risveglio, la volontà forte e ferma per i grandi rifiuti come per le inevitabili accettazioni.

Roberto Russo

 

Le opere di Biagio Raone non hanno bisogno di un codice di lettura per essere fruite dal riguardante.
Sono opere che raccontano una storia, quella del Salento più antico, fatto di terre bruciate dal sole, di tronchi di ulivo contorti, di sassi allineati dall’uomo, di dignità nel lavoro, ma di tanta sapienza antica.
È la nostra terra che emerge col rosso della bauxite, con i cieli tersi e il mare incontaminato delle nostre marine.
Raone riesce a far parlare gli oggetti e i personaggi rendendoli testimoni storici della nostra civiltà contadina. Il segno nitido quasi fotografico diventa un documento.
La pennellata segue il segno esaltandosi con valenza cromatica quasi impressionistica.

Luciana Palmieri
(docente di storia dell’arte)